Dalla rivista "La Fenice" -mensile di polita e cultura per un ordine nuovo-" Al sistema che ha soffocato nel sangue lo stato Europeo che si stava cambiando nel '43, noi ci opponiamo con la consapevolezza che questa è l'unica battaglia per la libertà nel nome della tradizione europea (...). Noi vogliamo lo Stato : uno Stato che si fondi sul trinomio : Ordine, Autorità, Gerarchia".

mercoledì

1954 - LETTERA DI DIMISSIONI DI ORDINE NUOVO DAL M.S.I.
inviata dai dirigenti di Ordine Nuovo, in primis Pino Rauti, con la quale il futuro C.S.O.N. si dimissionava dal partito elencandone motivi e i dissensi.
"Dopo la conferma di Michelini alla Segreteria del M.S.I., con la presente, rassegniamo le nostre dimissioni dal Movimento Sociale Italiano. Al M.S.I. abbiamo dato dieci anni di attività, dopo essere tornati dalla Repubblica Sociale Italiana, dai campi di concentramento "alleati", dalle prigioni dell'antifascismo. Siamo stati tra i primi "attivisti" romani del M.S.I., ce ne andiamo con gli ultimi. Oggi, non possiamo più avallare con la nostra presenza un orientamento che è estraneo agli scopi originari del Movimento ed una politica che tradisce la vocazione più alta del Partito. Noi vedemmo nel M.S.I. la continuità ideale della battaglia iniziata, appena adolescenti, sotto le insegne della "Repubblica dell'Onore", quando non arrivammo in tempo a gustare trionfi ed entusiasmi, né avanzate, né vittorie né successi di folla, ma giungemmo solo all'ultimo atto accollandoci tutto il passivo della sconfitta militare, con un gesto di fede che pagava anche le colpe e le deficienze della generazione che ci aveva preceduto nella stessa esperienza fascista, e doveva cancellare la vergogna del 25 luglio, il tradimento del "Gran Consiglio", la defezione dei più noti gerarchi. Ci parve logico chiedere che il M.S.I. fosse davvero un "ordine di credenti e di combattenti", e sua diventasse una battaglia rivoluzionaria contro il sistema demoparlamentare, contro il regime antifascista, in nome della nostra concezione della vita e del mondo. 
Ma il M.S.I., ormai, è su altre strade. In quel sistema ed in questo regime, il Movimento non si è inserito per lottare contro l'avversario con tutti i mezzi, anche con i mezzi "legali", ma per scovare per sé e per i suoi dirigenti un posto qualunque per viverci alla meglio, sfruttando quel cinque o sei per cento dei voti, che si spera di conservare in ogni evenienza. E da due o tre anni, ormai, noi che ci sentiamo votati ad una battaglia dai più grandi orizzonti ed obiettivi, dobbiamo assistere alle mediocrissime giostre parlamentari dei nostri "rappresentanti" i quali non vanno cercando nient'altro che un posto di riserva a fianco di quella D.C., le cui Giunte per intanto sostengono in tutti i Comuni dove ciò sia stato possibile, quando addirittura non pensano di tornare a presentarsi all'opinione pubblica con gli uomini del 25 luglio e coloro che fuggirono nelle settimane seguenti. É un problema di principio che ci si è posto, aggravato da una "questione morale" e da alcune amare constatazioni sulla situazione interna del M.S.I.. Che ci stiamo a fare nel M.S.I.? Noi, intendiamo, i giovani volontari della R.S.I., noi che credemmo di proseguire nel Partito la stessa battaglia per la quale partimmo volontari dopo l'8 Settembre, convinti che si potesse anche perdere la guerra ma decisi ad
affermare a tutti i costi la priorità di certi valori etici e spirituali? Oggi, proprio questi valori, questa fedeltà alla Causa, questa coerenza severa, questa capacità di andare controcorrente, sono insidiati dalla politica del M.S.I. in nome di un tatticismo che ha superato i limiti di ogni tollerabilità per diventare fine a se stesso, fonte di involuzione e di corruzione interna, pretesto di rinunzie crescenti ai nostri postulati. Non tolleriamo la liquidazione del nostro patrimonio di idee e di sacrifici, all'ombra di una politica nutrita solo di intrighi parlamentari, di ambizioni elettorali e di frenesie reclamistiche; né possiamo ammettere che si insista sulle stesse "formule" che già ci hanno procurato i crolli della Sicilia, di Napoli, del Meridione in genere e anche di Roma, dove aver perso trentamila voti -tra città e provincia- nei poco più che trenta mesi che vanno dalle "politiche" del '53 alla "amministrative" del maggio scorso dovrebbe aver aperto gli occhi a chiunque non fosse un incapace o non avesse giurato di condurci al disastro, magari per meglio permettere il nostro definitivo assorbimento nel regime antifascista. Se tutto ciò volete continuare a fare, lo farete, contro di noi. Usciamo dal Movimento come ci siamo sempre stati, a testa alta, con le mani pulite, con la coscienza a posto.
In ricordo di Adriana Pontecorvo

Ordine Nuovo, movimento di destra, fu fondato da Pino Rauti, militante del Movimento Sociale Italiano, nel 1956, in seguito alla frattura che avvenne durante il Congresso di Viareggio nel 1954. Quando fu confermata la nomina di segretario del partito ad Arturo Michelini, la parte più intransigente, guidata da Pino Rauti, decise di dissociarsi. Inizialmente, fu individuato come Centro Studi Ordine Nuovo con il compito di rappresentare una corrente giovanile al vertice del Movimento Sociale Italiano che propugnava un atteggiamento di rifiuto alla società contemporanea, corrotta e materialista. La sede nazionale fu aperta a Roma in via Pietra e successivamente si trasferì in via degli Scipioni, 268.
Il gruppo era formato da Clemente Graziani, Paolo Andriani, Rutilio Sermonti, Silvio Vitale, Piero Vassallo, Gabriele Troilo, Antonio Lombardo, Stefano Mangiante, Riccardo e Gastone Romani. In seguito aderirono anche Paolo Signorelli, Giulio Maceratini, Gino Ragno, Marcello Perina e Adriano Romualdi, ex militante della Giovane Italia. La rottura definitiva che sancì la fuoriuscita degli ordinovisti dal partito fu la rielezione di Michelini e l’alleanza con i moderati di Giorgio Almirante. Il leader Pino Rauti, deluso dalla situazione, decise di allontanarsi dalla scena politica.
Con l’arrivo alla segreteria nel 1969 di Giorgio Almirante, il fondatore di Ordine Nuovo e altri dirigenti, decise di rientrare nel partito. Decisione aspramente criticata dall’ala più dura del movimento. Infatti, il 21 settembre del 1969 nacque il Movimento Politico Ordine Nuovo guidato da Clemente Graziani assumendo la funzione di segretario nazionale. Aderirono anche Mario Tedeschi, Bruno Esposito, Emilio Garrone, Antonio Ragusa, Roberto Gabellini, Sandro Saccucci, Pierluigi Concutelli, Elio Massagrande e Salvatore Francia. Il primo congresso nazionale fu tenuto a Lucca nell’ottobre del 1970.
A livello organizzativo, il nuovo movimento avviava i corsi di formazione quadri. Per la formazione ideologica, i corsi duravano due mesi ed erano suddivisi in otto sezioni. Per la formazione politica, invece, i corsi duravano sempre due mesi ed erano suddivisi in cinque sezioni. Il rifermento esplicito ad Julius Evola, la linea oscillante del Movimento Sociale Italiano, il carisma di Clemente Graziani, portarono l’organizzazione, in quattro anni di attività, a rappresentare il gruppo extraparlamentare di destra più noto ed importante del periodo. Ma il 21 novembre del 1973 trenta dirigenti furono condannati per ricostituzione del Partito Nazionale Fascista e fu decretato lo scioglimento dell’organizzazione da parte del Ministro degli Interni. Intanto Clemente Graziani, insieme ad altri dirigenti, si rifugiò in esilio per evitare l’arresto.
Dalla Grecia alla Francia, dall’Inghilterra alla Bolivia, fino ad approdare in Paraguay dove si spense nel 1996. Alle sbarre anche una ragazza, Adriana Pontecorvo. Fin da giovanissima, formata grazie alla severa scuola morale del padre Arturo, amico di Giuseppe Solaro, apostolo della socializzazione nell’ambito delle sue conoscenze, ne seguì sempre l’esempio. Particolarmente vicina era alle persone che avevano vissuto nel periodo della Repubblica Sociale Italiana e al dramma dei profughi Giuliano – Dalmati. Il suo primo impegno politico fu quello di dedicarsi, insieme ad altri giovani di Ordine Nuovo, al recupero delle salme nascoste in fossati, campi, boschi e dirupi, e sepolti nel Sacrario del Cimitero Monumentale di Torino.
Divenne responsabile femminile del Movimento Politico Ordine Nuovo e ottima infermiera, seguendo un corso presso la Croce Bianca, per meglio accudire la madre gravemente malata. Fu la principale collaboratrice e coordinatrice durante il periodo di latitanza di Salvatore Francia. Il 10 agosto del 1972 organizzò un campo paramilitare del Movimento Politico Ordine Nuovo a Forte Parmand di Salbentrand in alta valle di Susa. Il mese prima la Polizia aveva scoperto altri campi paramilitari a Zafferana Etnea e a Menfi. Il 19 luglio del 1974 a Bardonecchia, vicino al confine francese, fu arrestato il torinese Emilio Garrone mentre portava al latitante Salvatore Francia materiale e documenti affidatogli da Adriana Pontecorvo. L’ultima, drammatica, vicenda che affrontò fu la feroce e spietata repressione scatenata a Torino contro il Movimento Politico Ordine Nuovo ad opera del Giudice Istruttore comunista Luciano Violante.
Su quel processo, il democratico, costruì le sue fortune politiche, qualificato da La Stampa di Torino come “Personaggio dell’anno”, fu eletto deputato del Partito Comunista Italiano, Presidente della Camera dei Deputati e Presidente della Commissione per le Riforme Costituzionali. Il 4 aprile del 1976 la Corte d’Assise di Torino concluse il processo condannando Adria Pontecorvo a tre anni e sei mesi di reclusione, per cospirazione politica mediante associazione, trascorsi in varie fasi tra le Carceri Nuove di Torino e Rebibbia di Roma. Fu rinchiusa nelle stesse celle di appartenenza alle Brigate Rosse e ai Nuclei Armati Proletari lasciandola del tutto indifferente. Fu pregiudicata la vita del figlio e si aggravarono, fino alla morte, le condizioni di salute della madre. La sua esistenza fu distrutta e la salute completamente minata fino a quando, nelle prime ore del 1° aprile del 1987 il suo cuore smise di battere. Ai solenni funerali era presente Gastone Tarasconi, in rappresentanza degli ex combattenti, con l’autentica bandiera della Repubblica Sociale Italiana e tantissimi militanti di Ordine Nuovo. La bara fu avvolta dalla bandiera del movimento: l’ascia bipenne all’interno di un cerchio bianco su sfondo rosso con il motto “Il mio onore si chiama fedeltà”.
7 agosto 1974-traduzione dal carcere alla Procura per essere interrogata 
per 14 ore dal giudice istruttore "democratico" Luciano Violante

PONTECORVO ADRIANA:

DEVE DISPORSI IL SUO RINVIO A GIUDIZIO
: e’ stata infatti la principale collaboratrice del Francia per quanto attiene all’organizzazione e all’attività del Movimento Ordine Nuovo in Torino; coordina il Movimento durante la latitanza del Francia come risulta dalla documentazione affidata al Garrone (,,,UNA LETTERA PERSONALE! ndr…); ha partecipato al campo del 1972 ed ha svolto specifiche funzioni di collegamento durante il campo tenutosi nel 1967 (falso. In realtà non attribuibile a Ordine Nuovo ma al Movimento Sociale Italiano. Quel campeggio fu organizzato da Ugo Martinat che con i suoi giovani fece una “incursione” in un collegio femminile oltre il confine, in Francia…, e nulla aveva a che fare con O.N. ed ancor meno con Adriana Pontecorvo). In realtà quella fantasiosa accusa fu mossa basandosi su dichiarazioni del “pentito” Pecoriello, di Avanguardia Nazionale, rese al “democratico” giudice istruttore Luciano Violante che fece man bassa di false dichiarazioni, false testimonianze, falsi “documenti”, false perizie per montare delle false accuse volte a costruire il trampolino di lancio della sua inarrestabile carriera, fino a diventare Presidente della Camera dei Deputati. Fino ad essere nominato Presidente della Commissione per le Riforme costituzionali!
Adriana sarà condannata per “Cospirazione politica mediante associazione” a 3 anni e sei mesi di carcere trascorsi in varie fasi fra le Carceri Nuove di Torino e Rebibbia a Roma. Sarà rinchiusa nelle stesse celle di appartenenti alle B.R. e ai N.A.P., cosa che la lascerà del tutto indifferente ma che ne conquisterà la stima. Sarà distrutto il suo lavoro e quello della sua famiglia. Risulterà pregiudicata la vita di suo figlio. Si aggraveranno le condizioni di salute dei suoi genitori che, nel giro di poco tempo, perderà. La sua salute ne risulterà gravemente minata fino a quando, nelle prime ore del primo aprile del 1987 la sua pur forte fibra non resse ulteriormente alle sofferenze che la vita le aveva inflitto. Sulla sua bara volle l’insegna ordinovista. Ai suoi funerali era presente Gastone Tarasconi, in rappresentanza degli ex combattenti, con un’autentica bandiera della Repubblica Sociale Italiana, ai cui ideali Adriana era stata educata da suo padre Arturo, amico di Giuseppe Solaro.

La prova del pericoloso "campeggio paramilitare" dell'agosto 1972 sui ruderi del forte Pramand in Valle di Susa. 
Nella foto, da sinistra a destra: Giuseppe Stasi - Alberto Isoardi - Adriana Pontecorvo - Vittorio Ambrosini - Bruna Mura - Piero Gibbin - Salvatore Francia. Da sottolineare il fatto che Bruna Mura, amica di Adriana, non si era mai interessata di politica e non aveva mai messo piede nella sede di Ordine Nuovo. Le condanne, pesantissime, saranno per "cospirazione politica". Violante, giudice istruttore, farà una rapida carriera politica, che lo porterà fino a ricoprire la terza carica dello Stato: Presidente della Camera dei Deputati.

ARTICOLI DE "LA STAMPA" SU ADRIANA PONTECORVO


MEMORIA DIFENSIVA DI CLEMENTE GRAZIANI
PRESENTATA AL PROCESSO INTENTATO CONTRO IL MOVIMENTO ORDINE NUOVO PER RICOSTRUZIONE DEL DISCIOLTO PARTITO FASCISTA.
Signor Presidente, Signori del Tribunale.
Non credo sussista alcun dubbio sul fatto che questo processo – ove per la prima volta e dopo tanti anni si tenta di applicare contro un movimento politico la tanto discussa legge Scelba – presenti grande rilevanza non soltanto sul piano giuridico, ma anche soprattutto sul piano politico e storico. È naturale quindi, che io, come segretario politico di questo movimento, senta, vivissima, la preoccupazione di non riuscire – in questa sede, per le limitazioni a cui necessariamente è sottoposto un interrogatorio giudiziario – ad esplicitare compiutamente al Tribunale, alla stampa ed alla pubblica opinione i lineamenti ideologici e politici del movimento ordinovista. D’altronde, puntualizzare nei suoi giusti termini le finalità della lotta politica e rivoluzionaria di Ordine Nuovo è cosa assolutamente necessaria, visto che del nostro movimento si è parlato e si continua ancora a parlare del tutto a sproposito. Altra preoccupazione è che gli argomenti che dovrò svolgere, argomenti che spaziano dal pensiero aristocratico e tradizionale alla dottrina dello stato organico, dalla problematica esistenziale insorta con la contestazione nel mondo giovanile alle motivazioni della lotta alla società borghese e democratica, sono difficilmente riducibili al normale processo di verbalizzazione dibattimentale, per sua natura troppo riassuntivo e didascalico. Per queste ragioni, dunque, ritengo che il Tribunale vorrà accettare la presente memoria per l’acquisizione agli atti. Ora, prima di addentrarmi nel vivo dell’esposizione delle finalità politiche del movimento ordinovista, credo sia utile precisare che io parlo anche a nome e per conto di quei camerati che, tutt’oggi, militano in Ordine Nuovo e che siedono con me sul banco degli accusati. Appena essi saranno chiamati a deporre confermeranno nella forma e nella sostanza il presente documento. Per gli altri, per tutti coloro che si trovano qui, insieme a noi, coinvolti in una vicenda che non li riguarda, a causa di inesatti rapporti forniti al P.M. dalle varie Questure interpellate, penso sia opportuna una suddivisione in gruppi, sulla base della loro qualificazione politica e anche, per alcuni, sulla base della loro tenuta morale messa in luce da questo processo.



 “Uscimmo dal MSI perché ormai era prevalsa la tesi dell’inserimento nel sistema. Avevamo sperato che la massima assise del Partito potesse operare una svolta nodale. Davanti a noi c’erano due strade da percorrere: quella dell’inserimento, voluta da Michelini, De Marzio e Tripodi, e quella dell’alternativa al sistema. Speravamo che l’alleanza con Almirante , che all’epoca fronteggiava Michelini, potesse farci prevalere. Ma Michelini vinse per una manciata di voti. Non potevamo farci risucchiare all’interno del Partito dietro le promesse di qualche poltrona. C’era una carenza ideologica e culturale spaventosa. Ritenemmo quindi che, dall’esterno, dato che non era nostra intenzione aderire  ad alcun altro Partito, avremmo potuto svolgere un’azione costruttiva, di orientamento ideologico-culturale. Pur di inserirsi, pur di “contare qualcosa”, pur di non farsi discriminare, il Partito aveva smarrito le proprie tradizioni, aveva dimenticato le proprie radici culturali e ideologiche”

(Paolo Andriani ricostruisce le motivazioni che portarono Ordine Nuovo fuori dal MSI dopo il Congresso di Milano del novembre ’56)


Manifesto per la scheda bianca : disegno del militante Augusto Betocchi
fotolito del simpatizzante Luciano Savelli- Stampa: Italgrafica
Pagato da Adriana Pontecorvo


7 Aprile 1973 - manifestazione in Piazza Lagrange a Torino




Centro Studi Ordine Nuovo
« una vera avanguardia rivoluzionaria non può stare a guardare, arroccata sulle sue posizioni. La dispersione delle forze sarebbe un lusso letale »
(tratto dal giornale di Ordine Nuovo, 1969)

Il Centro Studi Ordine Nuovo fu una associazione politico-culturale fondato nel 1956 da Pino Rauti, esponente del MSI, dopo fratture createsi al congresso di Viareggio nel 1954 tra il partito e la corrente "spiritualista", e sciolto nel 1969.
Giorgio Almirante con Pino Rauti, in occasione del V Congresso del MSI, Milano 1956, a cui seguirà la scissione dal partito e la nascita del Centro Studi Ordine Nuovo

La corrente di Ordine Nuovo
Nel gennaio 1954 nel corso del IV° Congresso di Viareggio ad Augusto De Marsanich succedette a segretario di Arturo Michelini. Nel corso del Congresso, Rauti, Nicosia e Erra, che erano tra i più noti rappresentanti del gruppo giovanile, proposero lo spostamento del partito su posizioni più intransigenti e la rivisitazione del Fascismo in chiave più critica ricollegandosi soprattutto all'impostazione tradizionalista-spiritualista di Evola e in particolare al saggio "Orientamenti" pubblicato per la prima volta nel 1950 dalla rivista "Imperium". Dopo il Congresso di Viareggio Rauti si pose su posizioni estremamente critiche verso la nuova classe dirigente ritenendo che il partito avesse perso ogni aspirazione rivoluzionaria.
L'uscita dal MSI e il Centro Studi Ordine Nuovo
Nel novembre 1956, Arturo Michelini al V° Congresso di Milano fu nuovamente, seppur di stretta misura, riconfermato segretario. Al fine di contrastarne l'elezione la corrente spiritualista, che ormai ha assunto il nome di "Ordine Nuovo", si presentò alleata con la sinistra missina ma inutilmente. Rauti non accettandone ideologicamente la strategia dell'inserimento, alla guida della corrente "spiritualista”di Ordine Nuovo uscì dal MSI. Il 14 gennaio 1957 i dirigenti di Ordine Nuovo inviarono una dura lettera al segretario nazionale contestandone la linea e di fatto dando il via alla scissione.Il primo “gruppo storico” era costituito da Rauti, Clemente Graziani, Paolo Signorelli, Stefano delle Chiaie Giuliano Bracci, Paolo Andriani, Rutilio Sermonti, Bruno Acquaviva, Piero Vassallo, Silvio Adorni, Riccardo e Gastone Romani, Silvio Vitale, Nino Capotondi, Alfio Tagliavia, Stefano Mangiante, Gabriele Troilo, Antonio Lombardo, quasi tutti esponenti missini. In seguito aderirono anche Paolo Signorelli, Giulio Maceratini, Gino Ragno, Marcello Perina e Adriano Romualdi (proveniente dalla Giovane Italia).
Il Centro Studi Ordine Nuovo aprì la sua sede a Roma in via di Pietra quando ancora era parte integrante del MSI e in breve tempo diverse sedi in Italia, che nel 1966 arrivò ad avere 3.500 iscritti, utilizzando come simbolo l'ascia bipenne. Il Centro Studi Ordine Nuovo si impegnò in attività esclusivamente culturale tenendosi anche lontano dalle competizioni elettorali. Unica concessione fu fatta ai giovani guidati da Delle Chiaie che per le elezioni politiche del 1958 lanciò la campagna, per primo in Italia, a favore della scheda bianca, ma senza utilizzare la sigla di "Ordine Nuovo". Nel 1959 Delle Chiaie, in polemica con Rauti che non voleva impostare il Centro Studi come un movimento politico, uscì con il proprio gruppo denominato "Avanguardia Nazionale Giovanile".
L'impostazione data al gruppo da Rauti si discostò totalmente dalla tradizione fascista ricercando nuovi autori di riferimento anche all'estero come Corneliu Codreanu, Giuseppe Tucci, Pio Filippani Ronconi e René Guénone iniziando ad immaginare, contrapposta alla dicotomia USA-URSS, una "Europa Nazione”. In breve tempo l'influenza culturale di Ordine Nuovo, con la sua visione eroica ed aristocratica di impostazione evoliana esercitò una forte influenza sui giovani militanti di destra rimasti nel MSI che non rinunciarono a richiederne la partecipazione ufficiale ai Convegni del movimento giovanile come quello di Perugia del gennaio 1967 organizzato dal FUAN.
La trasformazione in Centro Studi costituiva un'applicazione letterale delle tesi di Julius Evola, che propugnavano un atteggiamento di sdegnoso rifiuto della società contemporanea, corrotta e materialista, ritirandosi nella torre d'avorio degli studi e della meditazione in attesa della fine del Kali Yuga, termine preso dalla tradizione indiana, che indica un periodo di crisi dei valori tradizionali: appunto quello in cui il mondo si troverebbe a vivere nell'età contemporanea. È questa la teoria della non politica o apolitica.
A questa impostazione si deve la scelta, attuata a partire dalle elezioni politiche del 1958, di disinteressarsi totalmente delle consultazioni elettorali.
Ordine Nuovo scelse come proprio simbolo l'ascia bipenne e come proprio motto: "Il mio onore si chiama fedeltà".
La canzone La vandeana, una antica ballata controrivoluzionaria, il cui ritornello è "Spade della Vandea, falci (o asce) della boscaglia, baroni e contadini siam pronti alla battaglia" diventerà l'inno di Ordine Nuovo in piena coerenza con l'insegnamento evoliano di difesa della Francia monarchica e pregiacobina.
Il rientro nell'MSI
Con l'arrivo alla segreteria dell'MSI nel 1969 di Giorgio Almirante, Rauti sciolse il Centro studi e con un gruppo di dirigenti rientrò nel partito. Chi non volle rientrare fondò il "Movimento Politico Ordine Nuovo" con alla guida Clemente Graziani.
Tre ordinovisti entrano nella direzione nazionale del Msi (Pino Rauti, Giulio Maceratini, Paolo Andriani) mentre altri 11 vengono cooptati nel comitato centrale (tra gli altri Rutilio Sermonti, Gastone Romani, Generoso Simeone, Marcello Perina, Romano Cortellacci e Paolo Signorelli). Poco prima di rientrare nel partito, Rauti aveva scritto sul periodico "Ordine Nuovo" che «una vera avanguardia rivoluzionaria non può stare a guardare, arroccata sulle sue posizioni. La dispersione delle forze sarebbe un lusso letale». Si pone «la necessità vitale di inserirsi dalla finestra del sistema, da cui eravamo usciti dalla porta, per poter usufruire delle difese che il sistema offre attraverso il Parlamento. E quale poteva essere lo strumento di quest'inserimento se non il MSI?»
Parte dei militanti contrari al rientro nel MSI, accusando il MSI di essere asservito alla borghesia e all'imperialismo statunitense, il 21 dicembre 1969 danno invece vita al Movimento Politico Ordine Nuovo, guidato da Clemente Graziani.



Uno dei rari esemplari di tessera del Centro Politico Ordine Nuovo.


ROMA, PRIMA META' ANNI SESSANTA 
RIUNIONE DEL CENTRO STUDI ORDINE NUOVO

ROMA ANNI SESSANTA RIUNIONE NELLA SEDE 
DI VIA DEGLI SCIPIONI 268/A

PROCESSO AI DIRIGENTI DI ORDINE NUOVO

ANNO ZERO "PERIODICO DI LOTTA ALLA SOCIETA' BORGHESE"
(31 GENNAIO 1974-20 MARZO 1974-25 MAGGIO 1974) 

ORDINE NUOVO AZIONE 
ORGANO UFFICIALE DEL MOVIMENTO POLITICO ORDINE NUOVO
(4 DICEMBRE 1972-19 NOVEMBRE 1972-12 FEBBRAIO 1973)

NOI EUROPA
PERIODICO DEL CENTRO STUDI ORDINE NUOVO
(25 DICEMBRE 1966-GENNAIO 1968-LUGLIO 1968











LA RIVISTA DEL CENTRO STUDI ORDINE NUOVO (APRILE 1956)